Il marchio, la marca, il logo
Si può parlare di marchi in vari modi, a seconda del punto di vista, o del campo di interesse di chi ne parla: il marketing, la sociologia, l’economia, la tipografia, il lettering, la storia, l’archeologia, ecc.
Incominciamo con una definizione: il marchio è un segno distintivo fonetico e visivo, con rilevanza legale, di una persona giuridica (gruppo, società, azienda, ente, associazione, ecc.), o di servizi o prodotti singoli o di una linea di essi.
Incominciamo con una definizione: il marchio è un segno distintivo fonetico e visivo, con rilevanza legale, di una persona giuridica (gruppo, società, azienda, ente, associazione, ecc.), o di servizi o prodotti singoli o di una linea di essi.1
Per l’American Marketing Association (AMA): una marca è una denominazione, un simbolo, un disegno che ha lo scopo di identificare i beni e i servizi di un produttore, differenziandoli da quelli della concorrenza.
Storicamente sarà forse nato per distinguere i capi di allevamento di un proprietario da quelli di altri: “marchiare a fuoco” è ancora oggi un luogo comune ricorrente ogni volta che si parla di marchi. Il termine stesso inglese brand «marca» deriva dall’antico nordico brandr «bruciare» e fa riferimento all’operazione di marchiatura in uso presso i proprietari di bestiame per contrassegnare i loro capi; mentre le parole marchio e marca derivano dal germanico marka, «segno».2
Ma anche gli stemmi nobiliari sono segni distintivi di famiglie e, ispirandosi a questi, i maestri cartai del 1200 impressero nella filigrana delle loro carte disegni, simboli o monogrammi per autenticare le loro opere. In seguito furono gli stampatori e gli incisori del XV secolo ad utilizzarli per autenticare e garantire l’autenticità dei loro prodotti.

Nella storia dell’umanità possiamo ricordare particolari segni aventi valore di appartenenza, o di provenienza, come quelli ritrovati su antiche anfore romane utilizzate per il trasporto di grano, olio, vino, o cereali, fino ai più recenti “marchi da pane” in legno, artisticamente scolpiti, in uso in Basilicata sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, per imprimere le sigle dei proprietari sulle forme di pane da portare al forno, per riconoscerle al ritiro.
Marca e marchio
Facciamo una distinzione fra marca e marchio: la marca è il nome dell’azienda, il marchio è la sua raffigurazione grafica, logotipica e/o simbolica, il suo segno. Funzione primaria del marchio è l’identificazione dell’emittente o referente, cioè l’azienda (o il prodotto) e, come per la firma di una persona, è importante la sua riconoscibilità.
Il marchio
Il marchio è sempre costituito da due parti: una verbale: fonèma, o nome (che può anche mancare nel marchio, vedi Nike) ed una visiva che, quando rappresenta graficamente il nome, con una o più parole, o con una sigla, si chiama logotipo, detto brevemente logo3.
Il logotipo
Il logotipo, abbreviato in logo, è dunque la parte leggibile di un marchio, è quindi il nome di un’Azienda, Ente, Gruppo, o prodotto, o servizio, formato da caratteri tipografici esistenti (in inglese: font) o disegnati appositamente. La parola deriva dall’inglese logotype, a sua volta derivato dal greco lògos che significa parola, ma anche concetto, studio, ragione, pensiero, discorso, e da typos che significa lettera, ma anche impronta, firma, sigillo, segno, marchio4.
Però le lingue vive si evolvono, e oggi è prevalso l’uso di chiamare brevemente logo tutti i tipi di marchi, di stemmi, di simboli, ecc.
Il logotipo è il modo, sempre uguale, come carattere, disposizione e colore, di scrivere la denominazione sociale di un’azienda, si chiama anche monogramma o logogramma quando è formato da una o da più lettere (sigla, o acronimo, se sono le iniziali di alcune parole).
Mentre il marchio, in generale, ha la funzione visivamente identificativa, il logotipo ha una funzione prevalentemente segnaletica. Deve cioè potersi facilmente leggere in ogni dimensione e su ogni materiale. In molti casi le due funzioni sono svolte da un unico marchio che riassume in sé le caratteristiche dell’uno e dell’altro, costituito da un simbolo (o figura) e da un logotipo.
Questa soluzione, che ha notevoli vantaggi poiché riduce gli elementi essenziali dell’immagine, è quella preferita da molte aziende.
Al nome dunque si può aggiungere una parte simbolica detta pittogramma o ideogramma, che riproduce un’immagine reale, o più spesso schematizzata o astratta, come vedremo meglio in seguito.
I marchi vivono della luce riflessa su di loro dalla storia aziendale, si impregnano dei valori (o disvalori) che il pubblico attribuisce ai prodotti o alle aziende che rappresentano. Retoricamente, infatti, è una sineddoche: una parte per il tutto, in quanto basta il marchio per indicare non solo un prodotto o una linea di prodotti o servizi, ma tutto un sistema complesso come un’azienda e i suoi valori.

Logo di una rassegna cinematografica organizzata dal Teatro Petruzzelli.
Disegno di Roberto Brunetti e Lilli Chimienti De Liso - Studio De Liso, 1989.
Nota 1
«In generale qualunque parola, lettera, numero, disegno, fotografia, forma, colore, logotipo, etichetta o combinazione di questi segni avente carattere distintivo ed utilizzato per contraddistinguere prodotti o servizi è suscettibile di essere considerato un marchio. In alcuni paesi anche gli slogan pubblicitari possono essere considerati marchi ed essere registrati come tali dall’ufficio nazionale competente. Un numero crescente di paesi ammette anche la registrazione di forme meno tradizionali di marchi, come per esempio un colore, segni tridimensionali (come la forma di un prodotto o il modo in cui è confezionato, segni sonori (suoni), o segni olfattivi (odori)». Dalla pubblicazione on line Creare un marchio, p. 3, dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà intellettuale, World Intellectual Property Organization
Nota 2
Anche il “marchio d’infamia” anticamente veniva impresso a fuoco sulla pelle dei condannati. I Romani, ad esempio, imprimevano un bollo sul palmo della mano ai bugiardi. Da qui l’uso di mostrare il palmo aperto, in segno di saluto, per indicare di essere senza marchio d’infamia, quindi sinceri.
Nota 3
La parola logotipo una volta in tipografia indicava un gruppo di due o più lettere fuse in un unico pezzo, usato per eleganza nelle antiche composizioni: ae, et, ff, ffi, fl, ecc. Ne abbiamo alcuni esempi nel carattere Bembo, derivato dall'antiqua tondo (vedi figura). La cosiddetta “e commerciale” & era la forma abbreviata della congiunzione latina et, derivata dalla legatura corsiva delle lettere e + t, affermatasi nella scrittura carolina, diffusa in Francia e in tutto l’impero carolingio fra l’VIII e il XII secolo d.C. Altro logotipo è la cosiddetta a commerciale, o chiocciolina, @, in inglese at (et), usato oggi in informatica, era già in uso presso i Romani come unione delle lettere a e d minuscole, della parola ad (verso, moto a luogo), inizialmente adoperata nei testi di contabilità. Presso gli antichi mercanti veneziani era simbolo dell'anfora, utilizzata come misura di peso e capacità. Gli inglesi modificarono il suo significato da ad in at, e quindi da verso a presso (stato in luogo): ciò fece guadagnare alla chiocciolina alcuni nuovissimi campi in cui essere adoperata, tra cui la posta elettronica.

Nota 4
In quanto abbreviazione di logotipo, la parola logo al plurale dovrebbe restare inalterata, come tutte le parole abbreviate: i logo, le moto, le foto, gli euro, ecc., ma si è imposto l’uso del plurale loghi e inoltre di chiamare indifferentemente “loghi” tutti i tipi di marchi, di stemmi, di icone, di simboli, ecc.