Salta al contenuto principale

Aiutaci a migliorare il sito: rispondi al questionario

Femminili singolari

Il femminismo è nelle parole

Copertina Femminili singolari

Autrice: Vera Gheno
Titolo: Femminili singolari
Sottotitolo: Il femminismo è nelle parole
pagine: 227
ISBN 9788898837663
Editore: effequ
Anno: 2019

Il Presidente (donna), la Presidente o la Presidentessa?  Le parole non sono neutre, ma rispecchiano le idee e i valori di chi le usa.

La lingua batte dove il dente duole, diceva mia nonna che amava i proverbi. Se si fa un gran dibattere sull’evoluzione della lingua in una direzione meno maschilista e maschio-centrica, vuol dire che le parole sono importanti (che è invece la mia citazione morettiana preferita) e non questioni secondarie.

Le parole sono importanti perché definiscono il modo con cui noi vediamo il mondo.

La lingua è in continua evoluzione, non solo perché abbiamo bisogno di parole nuove per descrivere oggetti che solo 20 anni fa non esistevano, ma perché cambia anche la società.

E dopo decenni di battaglie femministe (iniziate per la verità secoli fa con la richiesta di voto per le donne) rimane nella lingua italiana il preconcetto che il mondo sia a misura d’uomo (nel senso di maschio), e che quindi sia normale usare il maschile sovraesteso parlando in generale (ciao a tutti!); e mentre la lingua si evolve cercando di essere più inclusiva e rispettosa delle persone, c’è addirittura chi promuove una petizione contro l’utilizzo dello schwa; e non mancano, fra uomini ma anche fra le donne, le persone che non tollerano la declinazione al femminile di alcune professioni; non di tutte, ma solo di alcune.

Infermiera e parrucchiera “suonano bene”, è ingegnera che proprio non si può sentire, signora mia! Lo vede? Pure il correttore ortografico me la segnala! Ma il problema è davvero il correttore ortografico (compilato da essere umani, pertanto fallaci)? Non è forse il fatto che le donne fanno le infermiere e le parrucchiere da svariati decenni, mentre il lavoro di ingegnere è stato tradizionalmente quasi esclusivamente maschile? Ma per quanto dobbiamo portarla avanti questa tradizione? Io ho amiche che si sono laureate in Ingegneria circa 30 anni fa, quando i computer si chiamavano calcolatori elettronici, e non esistevano né gli smartphone né i tablet. Eppure ci abbiamo messo poco a imparare a usare i nuovi termini tecnologici, o a usare il termine “resilienza”, sino al 2020 presente solo nei libri di psicologia. Ma che una donna possa essere ingegnera, avvocata, assessora, a certe persone, proprio non va giù.

E a tutte queste, ma soprattutto a chi invece vorrebbe declinare correttamente la lingua italiana anche al femminile, non solo quando parla di maestre e operaie, consiglio la lettura del saggio di Vera Gheno, socio-linguista, che affronta l’argomento con grande competenza senza essere mai noiosa.

Dalla quarta di copertina:

chiamare le donne che fanno un certo lavoro con un sostantivo femminile non è un semplice capriccio, ma il riconoscimento della loro esistenza: dalla camionista alla minatrice, dalla commessa alla direttrice di filiale, dalla revisora dei conti alla giudice, dalla giardiniera alla sindaca. E pazienza se ad alcuni le parole “suonano male”: ci si può abituare.

Perché, come scrive Flavia Marzano, "Anche stronzio è cacofonico, ma non lo chiamiamo magnesio".