Dopo Magritte
La decostruzione sistematica dei nessi univoci fra oggetto, parola e immagine operata da Magritte ha i suoi sviluppi nel neodadaismo, con Jasper Johns che riaffronta il tema della rappresentazione/presentazione (e penso alla bandiera americana che occupa tutto lo spazio della tela, per esempio) sino alla situazione limite dell'iperrealismo dei manichini perfettamente somiglianti a esseri umani di Duane Hanson e John De Andrea.
L'Autostoppista di Hanson non ha bisogno di nessuna didascalia per avvertire che "non è un autostoppista", e così il nudo di donna di De Andrea può addirittura esere Senza Titolo.
Anche nell'avanguardia linguistica e negli esperimenti di scrittura verbo-visiva si possono ravvisare tracce dell'opera magrittiana. Riporto qui un'opera dell'artista Tonino Sicoli, Artegioco, distribuita come volantino durante Expoarte 1982 (Bari), in cui il richiamo a forme di cultura popolare come i rebus si mescola a evidenti citazioni magrittiane per esprimere un manifesto artistico.
Questo è il testo che se ne ricava:
«Il rapporto autore-opera-fruitore può passare attraverso la struttura del gioco: un gioco della trasgressione intrecciata della provocazione di giochi verbali più immagini. In maniera che il lettore possa sentirsi "in gioco" partecipando all'operazione artistica. L'autore innesca così un processo di formazione/trasformazione dove la scientificità dell'offerta genetica (che compete all'operatore visivo) si accorda [?] con la politicità della domanda progettuale (che è di tutti).»
L'immagine è pubblicata a esclusivo scopo didattico, con il permesso dell'autore, che resta l'unico detentore dei diritti.