Il suocero o lo suocero?
Non dovrebbero esserci dubbi: il suocero. La "s", quando non è seguita (o preceduta) da consonante (lo psicologo, lo spermaceti, lo stranguglione, lo tsunami, lo srotolamento...), vuole l'articolo determinativo "il" (Il salice, il sentimento, il silenzio, il sospiro, il sussiego).
Mi è capitato, però di andare a Piacenza, di parlare con un professore universitario di quella città e di sentirgli dire: "Ha chiamato lo suocero"...
Alla mia domanda del perché dicesse "lo suocero", invece di "il suocero", è stato il primo a sorprendersi. Tanto più che, poi, regolarmente, dice "il suicidio", "il sussurro", "il suadente", "il suo".
Commentando la cosa, il mio amico mi ha detto che dire "lo suocero", è normalissimo, in Emilia almeno, e non solo tra i "semicolti".
E qualche giorno fa ne ho avuta conferma, leggendo sul "Corriere della Sera" (17 febbraio 2004) l'articolo-recensione di Vittorio Messori al film di Mel Gibson La Passione di Cristo. A p. 13, infatti, Messori scrive:
Non mi pare meriti una nota il fatto che Anna sia, in questo caso, il nome di un uomo. Più interessante, invece, mi pare che Vittorio Messori sia di Sassuolo (Modena), fatto che potrebbe confermare si tratti di una scelta tipica emiliana. Una ragione potrebbe trovarsi nel fatto che il gruppo "uo" dà un valore seminconsonantico alla "u" e che nella pronuncia emiliana questo valore è particolarmente sottolineato.
Succede insomma che persone colte, con una padronanza senz'altro rilevante della lingua, dicano "lo suocero". Noi cosa dobbiamo fare?
Direi che sicuramente è da preferire "il suocero", nonostante la versione "lo suocero" abbia qualche ragion d'essere, a meno che non si voglia dare al proprio testo una patina volutamente emiliana. (Nel caso di Messori, sicuramente non era questa l'intenzione dell'autore, tanto è vero che nella versione web dell'articolo, il testo è stato mutato in "sul suocero Anna".)