Curricula e referenda
"Due anni fa, per andare a votare ai referenda, mi sono dovuto preparare sette memoranda diversi. Cose da pazzi. Per fortuna, un numero così elevato di referenda è un unicum. Certo, di unica di questo genere, se ne farebbe volentieri a meno. Ma vedrete che, per le pares condiciones che tutti continuano a reclamare, troveremo numerosissime vocesclamantium in deserto che, di referenda, ne proporranno ben di più."
Be', spero che non ci sia nessuno che parla in questo modo. E sono convinto che anche voi, di fronte a un'eloquenza del genere, storcereste il naso, infastiditi.
Bene, e allora perché dite i curricula e non i curriculum?
Non cerchiamo di farci belli con le piume del pavone, che non ci appartengono, e non facciamo finta di sapere il latino, dato che non lo sappiamo. Come diceva Tristano Bolelli, grande linguista che fu anche presidente dell'Accademia della Crusca:
E poi, come la mettiamo: diciamo curricula, e va bene. Ma poi diciamo anche, chessò, sponsores? Ci pensate?
E già, perché se decidiamo di flettere le parole latine secondo le regole della grammatica latina, dovremmo probabilmente anche concordarle con i casi. Quindi vai col genitivo ("La pletora curriculorum che ricevo ultimamente mi opprime…") e con il dativo e l'ablativo ("Non pensavo che mi sarei abituato così facilmente mediis quali la televisione satellitare").
No, no, no, non ve lo consiglio. Il latino è una lingua straniera che, certamente, ha con l'italiano un rapporto molto stretto, ma non è l'italiano. E quindi, va trattata come le altre lingue straniere, dalle quali prendiamo in prestito parole che trattiamo come invariabili, indeclinabili, immodificabili (a meno che voi facciate ogni sera il giro dei bars, per parlare dei vostri sports preferiti).
I grammatici, in effetti, tagliano netto: le parole straniere si mantengono invariabili, in particolare poi quando sono entrate nell'uso comune: bar, sport, computer, film... Ecco cosa dice la Grammatica Italianadi Maurizio Dardano e Pietro Trifone (Zanichelli, 1995, p. 194):
E il Serianni (Italiano , Garzanti, 1997, p. 106): "In che modo formano il plurale i nomi stranieri terminanti in consonante? In generale, il nome resta invariato".
In controtendenza, invece, sembra una risposta che trovo nel sito dell'Accademia della Crusca, ma con qualche ambiguità. Il redattore esordisce infatti:
Appunto, sost. masch. inv. (invariabile). Poi, però, continua:
Ma questa mi pare un'argomentazione che ha al suo interno la ragione stessa per cui potrebbe essere rigettata: se curriculum, in latino, è neutro, è indubbio che in italiano diventa maschile. Ma, allora, come giustificare un plurale neutro (curricula) per un nome maschile? Non è meglio, a questo punto, mantenerlo invariabile? Oppure optare per l'elegante soluzione della forma italianizzata ("curricolo / curricoli")?
Mentre non mi convince l'argomentazione del cruscante, trovo più interessante quella di Birattari (Italiano, Corso di sopravvivenza , Ponte alle Grazie, 2000, p. 250):
Ma capite che, in questo oscuro selezionatore, non è difficile scorgere i tratti di un individuo con qualche problema caratteriale accanto al quale potrebbe rivelarsi molto difficile lavorare. Quindi, decidere di mantenere curriculum invariato al plurale potrebbe anche essere un modo intelligente per fare a vostra volta una prima scrematura delle proposte di lavoro.